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Teatro, “Il settimo giorno lui si riposò, io no”: lo spettacolo di Enrica Tesio e Andrea Mirò domani in piazza Santa Caterina

Viaggio tra i paradossi e le contraddizioni della società contemporanea, con “Il settimo giorno lui si riposò, io no”, lo spettacolo ideato e interpretato dalla blogger e scrittrice Enrica Tesio e dalla cantautrice Andrea Mirò (produzione Nidodiragno / CMC e G-RO) in cartellone giovedì 13 luglio alle 21 in piazza Santa Caterina a Sassari. 

Tra parole e note, le due artiste propongono una riflessione sulle conseguenze dell’uso (e dell’abuso) dei social media, come dei ritmi sempre più frenetici della vita moderna, in cui si affastellano impegni professionali e familiari, momenti dedicati allo svago e al lavoro, tanto che la capacità di essere multitasking, ovvero di svolgere due (o più) attività contemporaneamente, invece di un’attitudine diventa quasi un obbligo finché si traduce in “multistanching”, producendo uno stato di inconsapevole e cronica prostrazione fisica e soprattutto mentale, una profonda e inesauribile “stanchezza”.

 “Il settimo giorno lui si riposò, io no” fa rifermento ai testi sacri dove persino il creatore del cosmo, una volta completata la sua opera, volle (e poté) concedersi una pausa, quasi istituendo ufficialmente la necessità del tempo libero, interpretato dalle diverse religioni con la definizione di un giorno di festa, dedicato alla spiritualità, alla meditazione e alla preghiera, cui corrispondono in ambito pagano i fecondi “Otia” ciceroniani consacrati allo studio della filosofia e alle arti liberali.

 «Mi torna in mente la questione di Dio, che al settimo giorno si è riposato e io no. Ho la certezza che non c’entrasse la stanchezza» – sottolinea Enrica Tesio –. «Non si è fermato perché non ce la faceva più, si è riposato perché voleva contemplare quello che aveva fatto. Come si contempla il fuoco in un camino, la polvere nella luce, la vita di un bambino». Invece la prerogativa del terzo millennio sembra essere proprio quella di non concedersi tregua, di lavorare fino allo sfinimento, con esiti a volte drammatici, come se fosse obbligatorio sfruttare al massimo il tempo, dimenticando l’importanza del riposo, indispensabile per recuperare la energie, metabolizzare saperi e esperienze e ritrovare la lucidità.

Insomma, si finisce per scambiare per un obbligo una magnifica opportunità, frutto dell’ampia disponibilità di strumenti tecnologici che permettono di continuare a lavorare ed essere raggiungibili praticamente ovunque, riducendo virtualmente le distanze, così che invece di sfruttare il vantaggio e godersi con serenità il tempo risparmiato, si rischia di barattare la libertà di movimento con una sorta di volontaria schiavitù. Il concetto di smart-working (corrispondente a un modello di lavoro intelligente e modulato sulle esigenze e attitudini individuali, così da favorire la produttività, senza compromettere, anzi innalzando la qualità della vita) viene erroneamente tradotto in forme elementari di telelavoro, per altro preziose e utili, come è apparso evidente durante la pandemia e soprattutto nei giorni del lockdown.

Sulla falsariga di “Tutta la stanchezza del mondo”, il suo libro edito da Bompiani, un «diario privato di fatiche collettive», Enrica Tesio porta in scena con la complicità di Andrea Mirò il racconto tragicomico di un’esistenza scandita dalle tante incombenze del quotidiano, in chiave autobiografica, elencando, quasi a volerle catalogare, le differenti cause all’origine della stanchezza e raggruppandole per tipologia: esiste la fatica delle madri e quella da social, accanto alla stanchezza della burocrazia, del diventare adulti, perfino la stanchezza della bellezza. Se recentemente un pontefice ha ritenuto opportuno dimettersi dalla sua carica a vita, infrangendo una tradizione plurisecolare, è lecito interrogarsi su quale pulsione spinga invece folle di donne e uomini a impegnarsi in una competizione contro se stessi, quasi a voler mettere alla prova le proprie forze e raggiungere il limite estremo, fino all’esaurimento, seppure fin dall’infanzia si conosca il ristoro del sonno e si sperimenti come con il giusto riposo si ottengano prestazioni migliori, a scuola come nello sport e quindi inevitabilmente anche nel lavoro, mentre la stanchezza intorpidisce i pensieri e ottunde la mente, rallenta i riflessi e conduce molto più frequentemente all’errore, proprio il fantomatico “errore umano” da cui dipendono tanti disastri.

Il settimo giorno lui si riposò, io no” di e con Enrica Tesio e Andrea Mirò può offrire utili suggerimenti e spunti di riflessione, provando insieme a far sorridere e pensare: più che uno spettacolo, «è una seduta di autoaiuto, un monologo sulla vita di una donna come tante, ma con occhiaie uniche nel suo genere!» – afferma la blogger e scrittrice, che partendo da una situazione personale, ha preso coscienza della natura e della gravità della questione cruciale su cui troppo spesso, distratti e indaffarati, non ci si sofferma, ovvero su quali siano davvero gli effetti collaterali di questa continua corsa contro il tempo, in cui sembra vietato lasciarsi incantare dalla bellezza di un paesaggio, di un quadro o di un tramonto, di guardare un film o assistere a uno spettacolo o a un concerto, ma neppure leggere un libro senza sensi di colpa, con la tentazione irresistibile di controllare i messaggi e la posta elettronica per sentirsi di nuovo “connessi”.

Tra sottile umorismo e malinconica rassegnazione, Enrica Tesio disegna il ritratto delle vittime del multitasking, coloro che alla domanda «Come stai?» non rispondono semplicemente «bene» o «male» o magari «così così», ma si limitano a sospirare e a definirsi “stanchi”, oppure “esauriti”, o “esausti”, perché nell’era del “politically correct”, mentre resiste lo stigma della malattia per la depressione, la tristezza, l’apatia e perfino l’aneidonia, la stanchezza cronica si può tranquillamente dichiarare, anzi rappresenta quasi un titolo di merito, la conferma di una vita vissuta pienamente.

Ne “Il settimo giorno lui si riposò, io no” si intrecciano racconti e canzoni: Andrea Mirò costruisce un ideale contrappunto alle “fatiche” narrate da Enrica Tesio, attraverso un’antologia di pezzi originali e brani composti da artisti come Rino Gaetano, Giorgio Gaber, Enzo Del Re, Niccolò Fabi e Lucio Dalla, tra sonorità raffinate e suggestioni poetiche, quasi a suggerire una visione differente dell’esistenza, con ritmi più lenti, in cui concedersi l’inaudito lusso di una pausa, ritrovando il gusto della tranquillità per godere appieno dei piccoli piaceri e degli attimi di felicità.

L’evento si inserisce nell’intensa Estate 2023 firmata CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni e realizzato con il patrocinio e il sostegno del Comune di Sassari, della Regione Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura e con il contributo della Fondazione di Sardegna.

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