Daniele Belardinell. La passione per il calcio e le arti marziali, moglie e due figli e un lavoro in Svizzera nell’edilizia, come piastrellista. Fuori dal campo solare e divertente, dentro lo stadio colpito almeno due volte da Daspo. Questo il ritratto di Daniele Belardinelli, 39enne tifoso dell’Inter, fra i capi del gruppo ultrà Blood Honour del Varese, morto investito da un suv durante scontri pre-partita Inter-Napoli in via Novara ieri sera. Sulla dinamica che ha provocato la sua morte indaga la Questura di Milano, mentre in provincia di Varese, dove Daniele viveva, pochi hanno voglia di commentare l’accaduto e la sua famiglia si stringe intorno ai suoi due figli (12 anni il maggiore). “Amava il calcio, ma non ne parlavamo molto perché io tifo Juventus e lui tifava Inter, non so cosa dire, era un ragazzo solare”, ha commentato uno zio.
Di Daniele sportivo parlano in molti, soprattutto per quanto riguarda i suoi successi nelle competizioni anche a livello internazionale. Da tempo membro della “Fight Academy”, scuola di arti marziali e sport da combattimento di Morazzone, comune del varesotto dove viveva, il 39enne si è aggiudicato diversi successi sportivi in discipline quali “scherma corta”, gara di coltello “giacca e coltello” e “capraia”. Con il suo team era anche volato, tornando vittorioso, a San Pietroburgo (Russia). “Non ha mai avuto una squalifica durante le gare, mai un richiamo – ha raccontato un ex compagno di squadra – non si è mai lamentato per le decisioni degli arbitri, era serio durante le competizioni e sorridente nella vita”. La grande passione di Belardinelli era il calcio. Era divenuto anche leader del gruppo ultras “Blood Honour” di Varese, fondato nel 1998, la frangia più estrema del tifo biancorosso che è storicamente gemellato con quello dell’Inter.