Se si potesse riassumere un concerto con una parola, magia sarebbe quella giusta. Con una luna piena ad illuminare un mare piatto alle spalle del palco, gli scavi archeologici di Tharros offrono il loro contributo al magnetico “Two Islands”, l’incontro artistico voluto da Paolo Fresu, Giovanni Sollima e accompagnato dall’Orchestra da Camera di Perugia.
Nel concerto inaugurale del Festival Dromos, i brani del trombettista di Berchidda “Is ka li”, “Ad As”, “Mu”, “Tharros”, “Elle” si fondono con la quelli del musicista palermitano “Bèri”, “Federico II”, “The waves”, “Ska-rlatti”, “Caravaggio”, “Geologia”. Fresu, ovviamente scalzo e Sollima talvolta in piedi a saltare, giocano con la musica, con l’Orchestra e con gli oltre mille spettatori presenti riuscendo ad ottenere l’obiettivo prefissato in partenza: unire la Sardegna e la Sicilia con un ponte immaginario fatto di musica.
“Due isole, due sogni” dice il violoncellista al termine delle prime due canzoni di apertura. Se nella sua musica trovano casa la sua vita e le sue esperienze, “Passavamo sulle terre di Algeri” dello scrittore sardo Sergio Atzeni è la fonte di ispirazione per il jazzista sardo che dice: “Vi chiederete perchè ci sono due violoncelli, due corni, qualche strumento singolo. Suoniamo tutti insieme ma ogni musicista ha il suo pensiero unico. La differenza è la vera ricchezza”.
Quando la scaletta prefissata volge al termine, Fresu si rivolge al pubblico: “Gli spogliatoi sono distanti dal palco, perciò o ci chiedete subito il bis ora o non torniamo più”.
Si scherza ancora: “Facciamo quattro bis. La prima canzone si accorcia ogni volta, rischia di non esserci più nei prossimi concerti”. Si ricomincia e prima di concedersi l’ultimo brano e di raccogliere i meritati applausi, arriva il saluto speciale per gli spettatori dell’anfiteatro: ”Insieme al mare, siete voi i veri protagonisti di questo concerto”
(foto di Paolo Piga)