Alcuni giorni fa, su Facebook, mi è capitato di leggere un annuncio: “Cercasi cameriera a pranzo e cena che abbia voglia di lavorare”. A tale inserzione ho espresso il mio pensiero sul fatto che, oltre alla frase “che abbia voglia di lavorare” , l’intestataria avrebbe dovuto specificare anche quanto fosse disposta a pagare. Era semplicemente una provocazione, e infatti sono stata subito eliminata dal gruppo.
A proposito di ciò, voglio riportare alla luce le polemiche scatenate l’anno scorso quando, con l’arrivo della bella stagione, molti ristoratori hanno esternato il loro disappunto, puntando il dito sui giovani e attribuendo loro la colpa di non avere voglia di lavorare. Non farei di tutta l’erba un fascio e vorrei ricordare che i tempi sono cambiati, per fortuna.
I giovani di oggi non si accontentano più di una misera paga per un lavoro estenuante. Ora scelgono. Molti lasciano l’Italia e si avventurano altrove pur di avere una busta paga regolare e uno stipendio consono al lavoro svolto. I ragazzi di oggi non è che non hanno voglia di lavorare, non hanno nessuna intenzione di essere sfruttati. E hanno ragione. Sono figli di genitori che almeno una volta nella vita hanno svolto lavori senza contratto, non hanno usufruito delle ferie, non li è stata pagata la malattia e si sono adattati a orari di lavoro che andavano ben oltre le otto ore di lavoro pattuite.
Io sto dalla parte dei ragazzi che non hanno nessuna intenzione di essere sfruttati, perché i tempi sono cambiati, per fortuna.
Mariangela Puddu