Viaggio nel futuro del Covid-19

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Prendiamo la macchina del tempo e senza accelerare troppo andiamo a vedere che aria tira da qui a qualche mese, quando le giornate torneranno ad essere più brevi e meno gradevoli, quando i dotti esperti dell’infinitamente piccolo rientrati dalle vacanze spiegheranno in tv come il gran virus si è tentacolarmente strutturato in nuove varianti, quando attraverso i nuovi e salutari provvedimenti della giunta Draghi si saprà dove e come e in quanti e fino a che ora sarà possibile uscire dallo sgabuzzino.

Naturalmente queste non sono evidenze ma rientrano in uno dei tanti scenari ancora possibili.

Sì, perché esiste anche la possibilità che l’odissea pandemica finisca qui e che dalla zona bianca si passi presto ad una tonalità inedita in cui si potrà addirittura andare in giro senza maschera e stare in quattro sulla stessa auto. Finalmente e per sempre.

Però non tutti credono che si ritornerà allo stile di vita dei ruggenti anni Dieci del secolo, anzi il martellamento mediatico, a tratti indistinguibile dal terrorismo, è stato tale che sembra prevalere l’idea di vivere non tanto all’interno di una fastidiosa parentesi, quanto di essere approdati ad un’epoca nuova senza possibilità di ritorno, dove il distanziamento e il confinamento diventano strumenti consueti che ci accompagneranno più o meno pesantemente a seconda dei dati epidemiologici di cui è sconveniente dubitare.

Che ci fosse già un’inclinazione collettiva in tal senso era piuttosto intuibile da anni, quando il primo starnuto attribuito al covid era ben di là da venire. Ma l’abito mentale intorno a ciò che abbiamo visto nell’ultimo anno era già in fase di tessitura quando prendevamo per ammissibile il ricatto del debito pubblico, quando ripetevamo stupidamente che avevamo ‘vissuto al di sopra delle nostre possibilità’ perché così recitavano i notiziari di regime, quando ci siamo addirittura convinti che il lavoro (e quindi la sopravvivenza) non fosse un diritto bensì una variabile dipendente dalle convenienze del padrone, nel frattempo mutatosi in ‘imprenditore’ così da attribuirne il successo ad abilità non comuni e sottolineare che lo stare al mondo è essenzialmente questione di abilità ed intuito, come nelle società preistoriche o addirittura in contesti pre-umani.

Tendenza che diveniva avvertibile anche in ambito politico nella morte del voto di appartenenza e quindi della fiducia in un modello di società, per approdare alla delega in bianco al salvatore di turno e senza nemmeno avvedersi o preoccuparsi degli interessi che questi incarna.

Eravamo già tutti contagiati e il male si manifestava attraverso una pluralità di sintomi che avevano in comune l’aumento dell’insicurezza collettiva e quindi l’adesione acritica al salvifico intervento dall’alto, così come in un edificio in fiamme si va istintivamente dietro al primo che dice di sapere dov’è l’uscita.

E certo mettere la mascherina e non stare troppo vicini sono precauzioni ovvie durante un’epidemia e nessuno poteva contestarle a priori. Ma quando si nota che i decessi riguardano perlopiù persone con un’età in cui mediamente si muore comunque, che il 97% dei contagiati riporta conseguenze nulle o irrilevanti, che è soprattutto la presenza di altre patologie a rendere fatalmente vulnerabili, allora qualche dubbio dovrebbe emergere.

Quando poi si capisce che stanno vietando le autopsie e l’assistenza a domicilio, che giocando sui cicli di amplificazione si possono trovare ‘positivi’ a piacimento, che escludono il ricorso a terapie già esistenti zittendo e dileggiando i medici che le consigliano, che non si fa chiarezza sulle reali cause dei decessi, che non si sta facendo nulla per contrastare la demolizione della sanità pubblica, che l’informazione ufficiale tende al massimo allarmismo, dovrebbe farsi largo il sospetto che non tutto sia come lo stanno mostrando.

Quando inoltre prendono a iniettare preparati ancora sperimentali che nemmeno proteggono dal contagio, e i contratti con i colossi farmaceutici sono stranamente secretati, e tutti dai produttori alla pubblica amministrazione si salvaguardano giuridicamente a fronte di possibili effetti dannosi, e questi ultimi sono in numero per ora esiguo ma già inquietante mentre l’unica reazione dei vertici politico-sanitari è dichiarare che ‘non c’è correlazione’, e addirittura si progetta l’apartheid verso i non-vaccinati destinandoli ad un’esistenza con meno diritti degli altri, allora il sospetto dovrebbe tramutarsi in indignazione.

Quando infine si emanano norme cervellotiche che impediscono di fare una passeggiata anche se distanziati, di spostarsi da un posto all’altro anche da soli, di uscire di casa ad una certa ora o che stupidamente obbligano a scrivere su un foglio di carta dove si sta andando, al netto di altri provvedimenti altrettanto illogici e tendenti alla demolizione di ogni momento di vita sociale, beh allora diciamo pure che anche solo qualche decennio addietro tutto ciò non sarebbe stato tollerato. Vi sarebbero stati soggetti politici con sufficiente forza organizzativa per opporsi pubblicamente, portando se necessario la gente in piazza. E anche in assenza di ciò vi sarebbe stato un risveglio delle coscienze abbastanza diffuso da costringere il governicchio di turno a desistere da propositi che hanno poco a che fare con la sicurezza sanitaria e più con il tentativo di rendere permanente il clima d’emergenza, entro cui si può violare o aggirare impunemente lo spirito della Costituzione anche in altri ambiti.

Intorno ai vaccini covid si muove un malloppo calcolato intorno ai cento miliardi di dollari annui, per cui verrebbe facile prevedere che nessuno sia disposto a strangolare la gallina dalle uova d’oro. Tuttavia anche agitare lo spettro di nuove varianti per giustificare il richiamo a scadenza regolare dei vaccini sarebbe poco realistico e questo perché tra effetti collaterali e diminuzione dei decessi il numero di persone disposte a farsi inoculare la magica mistura scenderebbe velocemente.

Nell’ottica di chi si aggira in quel mondo fatto di grafici e profitti, vendite e fusioni, cause giudiziarie e mazzette, meglio sarebbe abbandonare la stagione dei presunti vaccini e sostituirli con una terapia per la cura del morbo a base di sostanze che in fondo già si conoscono essendo state individuate proprio da alcuni dei medici silenziati a forza nei mesi scorsi. Sarebbe un successo commerciale anche quello; a questo punto chi non vorrebbe avere sul comodino una confezione di pastigliette che debellano la prima pandemia del millennio e la prima in assoluto pompata ad arte?

Poi magari tra un paio d’anni salterà fuori qualche altro provvidenziale parassita mutageno, dalle caverne dei pipistrelli o da quelle dei laboratori militari. D’altra parte già ora ci sono ‘scienziati’ forse dediti all’aruspicina, che anche senza macchina del tempo né sfera di cristallo sostengono che siamo entrati “nell’era delle pandemie”.

E poi oggi che nessuna forza politica canta fuori dal coro e che ben pochi cittadini sembrano dolersene, la parentesi del flagello può facilmente diventare la norma e non perché ciò nasca nei progetti demoniaci della Trilaterale o sul ponte del Britannia, ma semplicemente perché quando si vengono a creare le condizioni affinché ogni porcata sia vissuta con la mansuetudine dell’abulia o della rassegnazione, ecco che ogni porcata cessa di essere riconosciuta come tale.

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